Venti corpi nella neve è il romanzo del brillante esordiente Giuliano Pasini.
Il commissario Roberto Serra indaga su un triplice omicidio avvenuto sulle alture dell’appennino emiliano. L’indagine incomincia il capodanno del 1995, al freddo, in un luogo sperduto, Case Rosse, vicino a Zocca, la patria del Blasco (e di Giuliano Pasini). Pur vivendo in quel luogo amato solo dai lupi, Roberto Serra non è affatto un poliziotto da quattro soldi. Proviene da una lunga e dura gavetta. In più, è poliziotto per deformazione familiare. Suo padre era un grande poliziotto, ucciso sotto i suoi occhi in un attentato quando il nostro è appena un ragazzino.
Serra ha un dono. In greco, “doron” ha due significati: dono, appunto, e danno (vedi cavallo di Troia et similia!). Da cui deriva il nostro “dolo”. E per l’appunto, il dono di Serra è un dono ma anche un dolo. Perché Serra di tanto in tanto ha delle strane visioni. Diviene preda di una sorta di attacco di epilessia che egli stesso chiama la Danza, durante il quale egli “vede”. “Vede” che cosa? Frammenti di vita. Degli ultimi istanti di vita delle vittime di assassinii brutali. Ne coglie la paura, la disperazione. Vede scorci di passato. Avverte nel profondo l’orrore provato dai morti.
Un dono sicuramente prezioso per un investigatore. Un danno per l’equilibrio dell’animo di chiunque. Ecco che Serra paga la sua infallibilità come investigatore con una serie di fallimenti nella vita. Fallimenti nel lavoro, perché si è dovuto allontanare da luoghi dove gli omicidi sono tanto frequenti per non impazzire. Fallimenti nella vita sentimentale, perché la sua compagna, uno splendido personaggio di nome Alice, ha troncato la loro relazione, esasperata dall’angoscia di dover vivere con una specie di medium, pur amandolo moltissimo.
Per non rovinare il piacere della lettura non dico una parola sulla trama. Dico solo che il thriller è molto ben scritto. Buono il ritmo, buoni i personaggi, buoni anche i piatti che Serra prepara a tempo perso nella cucina del commissariato di Case Rosse. Per i miei gusti, beve un po’ troppo, ma con me ci vuole poco. Dopo un goccio di vino sono praticamente sbronzo.
Bravo Giuliano Pasini. Nove e mezzo, direi! Il dieci si dà solo alle cose perfette. E a me la perfezione fa un po’ paura.