Alla fine di un’infanzia felice

Alla fine di un'infanzia felice

L’ultimo romanzo di Gian Mario Villalta parla della vita.

Potrebbe sembrare un enunciato banale; quale romanzo non parla della vita?

Eppure non è così banale. Bisogna tenere conto, infatti, che Villalta, prima di tutto, è un grande poeta. E ciò che fa un grande poeta è andare al senso profondo delle parole. La parola “Vita” è, direi, l’ossessione letteraria di Villalta. Il suo motivo di indagine preferito. Il suo tormento. La sua dolce agonia.

La vita di cui  Villalta si serve per questa riflessione è quella del protagonista del romanzo, Guido, un insegnante che lavora come editor in una piccola casa editrice e che più volte ha dimostrato di saper fare le scelte giuste in campo editoriale. Un giorno gli capita per le mani un testo inviato da un certo Sergio, che si rivelerà man mano che Guido legge un suo amico d’infanzia perso  di vista da tempo. Il manoscritto che Guido legge e il suo passato incominciano presto a incrociarsi nella trama, finché a invischiarsi in questo intreccio ci rimane anche il presente di Guido.

L’interesse di Villalta in tutto ciò sta nell’interazione che incorre tra la vita di Guido e la vita narrata nel manoscritto che via via si incrociano fino a divenire quasi una cosa sola. Anzi, senza quasi.

Il mondo è fatto per finire in un bel libro, diceva Mallarmé. E’ di questo che stiamo parlando. La vita che finisce in un bel libro e un bel libro che finisce per cambiarci la vita. Penso a quando ho finito di leggere “Guerra e pace”. Non ero più lo stesso di quando l’ho incominciato: di colpo i confini tra me e il mondo erano spariti.

La riflessione a cui questo romanzo ci invita è molto profonda e attuale. Vale a dire che in un’epoca di crisi maledetta come la nostra (e quindi, necessariamente, di cambiamento) è importante riflettere sulla materia di cui la vita è composta. Ma se da un punto di vista chimico-fisico-biologico la materia vitale è analizzabile attraverso la scienza, non lo è altrettanto precisamente da un punto di vista umano poiché la disciplina competente, la letteratura, non è altrettanto esatta, dal momento che essa procede la sua indagine per parabole. Il risultato dell’indagine della letteratura sulla vita non è mai un numero; eppure, dopo aver letto, ci resta qualcosa.

Se è vero che la vita ha avuto banalmente origine da ammoniaca, metano e da altri gas, è altrettando vero che della vita noi intuiamo un complesso e profondo mistero che va oltre il metano (e gli altri gas). E proprio su questo mistero la letteratura ci aiuta a riflettere (come la religione o la filosofia, ma con più sentimento!), a volte arrivando persino a cambiare la nostra vita, e ad avvicinarci a tale  mistero.

A volte, è vero, leggiamo per svago. Ma non è mai meramente per svago.

Chapeau, Gian Mario!

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